di Gaia Piccardi

Jannik Sinner ha una settimana di tempo per prepararsi al torneo di Parigi e alla nuova sfida con Alcaraz

Una settimana, per limare i dettagli e colmare il sottile gap con Carlos Alcaraz in vista del Roland Garros, al via domenica, è davvero poco. Dopo tre mesi di stop forzato, però, Roma (con la sua finale e quel primo set perso per un soffio) ha finalmente dato dei punti di riferimento a Jannik Sinner. «Sulla terra faccio più fatica, devo migliorare i miei movimenti». Torneranno utili, negli allenamenti a Montecarlo prima della partenza per la Francia, i dati raccolti al Foro Italico grazie alla tecnologia.

La scatoletta infilata tra le scapole nel top nero indossato dal n.1 sotto la maglia, uno strumento che usano anche i calciatori, è stata definita genericamente un Gps. In realtà, come spiega Ermanno Rampinini, direttore operativo Human Performance Lab di Mapei Sport, è molto di più: «Il dispositivo contiene più di un sensore. C’è un accelerometro triassiale, che misura le accelerazioni nei tre assi: orizzontale, verticale, laterale. C’è un magnetometro che serve per avere la direzione dello spostamento. C’è un sensore per misurare la frequenza cardiaca. E c’è un Gps, che non è quello del navigatore dell’auto né dell’orologio: deve essere molto più preciso per descrivere l’attività in uno sport intermittente ad alta intensità come il tennis, in uno spazio piccolo come il campo».

Lo scopo di un ritrovato che Jannik aveva già iniziato a utilizzare con Riccardo Piatti a Bordighera («I dati biometrici durante la prestazione possono essere preziosi per la crescita dell’atleta» era il parere dell’ex coach) è quantificare il lavoro raccogliendo informazioni nel tempo, in allenamento e partita, per individuare le aree, in palestra e sul campo, sulle quali intervenire. «Solo il confronto con il match può dare un quadro completo» spiega Rampinini. Finito il torneo, stoccato nel device tutto lo sforzo prodotto agli Internazionali, ora Jannik insieme al suo team può programmare esercizi specifici su dettagli che, prima, non conosceva.

La tecnologia è recente (ed è passata velocemente da 1 hertz a 50 hertz, cioè un campionamento da 50 dati al secondo, che è quello che serve agli atleti), oggi è a disposizione di tutte le squadre di calcio, la Federtennis internazionale l’ha sdoganata dal 2019. Sinner ha indossato il top contro Navone e De Jong, ma dopo un po’ gli ha dato fastidio e se l’è sfilato. «Oggi per l’alto livello è uno strumento imprescindibile — dice il responsabile di Mapei Sport —. Calcio, rugby, football americano, l’Nba usa sistemi di monitoraggio indoor. Sinner è il primo professionista del tennis di cui veniamo a conoscenza». Un pioniere, curioso di qualsiasi novità.
Tutto serve per tenere il passo del diavolo Alcaraz sulla terra battuta. Quei due set point, soprattutto il primo, hanno risentito della ruggine dell’inattività: «Difficile che quella palla la sbaglio, normalmente…» ha detto Jannik. Che in allenamento a Roma ha adottato un’altra interessante abitudine. Si è spalmato sul polso destro un prodotto passatogli, in stick o crema, dal fisioterapista Ulises Badio: dopo essersi strofinato i polsi e aver annusato l’unguento, via al palleggio con lo sparring di turno.

Sinner, quando giocherà il prossimo torneo e quando può sfidare Alcaraz al Roland Garros

Andrea Manzotti, il fisioterapista e osteopata che ha lavorato con l’Olimpia basket Milano e nella Nazionale di sci, dove ha seguito Giuliano Razzoli nell’anno olimpico di Vancouver, ne ipotizza il senso: «Sono azioni preparatorie di muscoli e legamenti negli sport d’impatto. Balsami o gel, favoriscono il riscaldamento della parte. Molto usata è l’arnica, con l’aggiunta di altre sostanze, ad esempio l’artiglio del diavolo, un rimedio naturale ottimo per disinfiammare il polso. La composizione della sostanza? La conosce solo il team Sinner». E il gesto di annusarla? «Alcuni balsami possono essere utili per l’attivazione del sistema neurovegetativo, soprattutto se l’allenamento è sostenuto al mattino».

Sinner ha utilizzato gli Internazionali per sperimentare, insomma, in un mondo in cui chi si ferma è perduto. Smesse in Australia le cavigliere, la coperta di Linus che però gli provocava ripercussioni su anche e schiena, consigliato dal preparatore Marco Panichi e dai coach è sempre in cerca di soluzioni. «Ora so di poter giocare un buon tennis anche a Parigi» ha chiosato dopo la finale perduta. La differenza con il satanasso di Murcia è nelle sfumature. Sempre più piccole, ma vanno colmate.

Articolo e foto tratti da www.corriere.it